Identificato con l’acronimo GDPR, che in inglese significa “General Data Protection Regulation“, il nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati è entrato in vigore il 24 maggio 2016. Ai Paesi spettano due anni di tempo per adeguarsi, ma il primo anno a disposizione è già passato velocemente, e adesso ad aziende e Pa rimangono solo 12 mesi per mettersi in regola per non esporsi a multe che potranno arrivare fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato globale annuo.
L’attività di videosorveglianza si trova ad un crocevia normativo caratterizzato dallo Statuto dei Lavoratori (l. n. 300/1070), dal codice privacy (dlgs n. 196/2003) e da talune norme speciali. I controlli effettuati dal nucleo privacy della Guardia di Finanza su mandato del Garante privacy hanno per oggetto la conformità dell’agire aziendale a queste prescrizioni. Eventuali violazioni alle disposizioni dell’articolo 4 dello Statuto, non solo determinano un’ipotesi di contravvenzione penale (che sarà il giudice penale a verificare) ma comportano anche l’illiceità del trattamento dei relativi dati personali (cioè le immagini raccolte) secondo la disciplina del codice privacy. Il rispetto della procedura multilivello prevista dallo Statuto è quindi fondamentale.
In aggiunta, l’azienda dovrà tenere conto delle prescrizioni imposte dal provvedimento generale del Garante del 2010 sulla videosorveglianza, avendo particolare cura alla corretta disposizione della cartellonistica ed ai suoi contenuti, ai ruoli assegnati a coloro che hanno accesso alle immagini ed alle misure di sicurezza a tutela delle stesse.
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